Influenza formale e significante delle figure retoriche

 

di Carlo De Pirro

 

(articolo pubblicato nel n. 7 della rivista musicologica Diastema, marzo 1994, rubrica Composizione)

 

L’identificazione del mestiere di scriver musica con il termine “compositore” si è rafforzata in relazione a una delle caratteristiche più recenti del linguaggio (naturalmente nella sua linea di sviluppo “occidentale”): il comporre, l’organizzare contrasti, ben oltre la dilatazione temporale e spaziale di una idea melodica.

Esiste quindi una storia del comporre, con tutte le sue consuetudini: il considerare che un’idea abbia esaurito la sua funzione, il decidere quanto concedere alla chiarezza della comprensione (controllata densità polifonico-segnica) o, al contrario, valutare in che maniera vanno a formarsi — per eccesso di saturazione — ingorghi emotivi.

Una storia che si relaziona a quella della ripetizione, dell’auto-memoria che un’opera intesse con se stessa e, più oltre, con tutte le altre che l’hanno preceduta.

La ripetizione (il cui valore è, nell’atto di comporre contrasti, legato indissolubilmente alla posizione formale in cui avviene) non riguarda solo il medium temporale in cui prende forma un’opera, non riguarda cioè la necessità di dar maggior valore a certe idee tramite il loro riapparire, anche modificato (funzione trasformativa del tempo). Ripetizione non è solo, appunto, auto-memoria.

La constatazione che, in composizioni non più monocellulari — basate sul susseguirsi di impulsi a carattere differente — vi fosse un prestito di cellule linguistiche comuni (sia nell’adottare identici percorsi formali che nel servirsi di consolidati attrezzi armonici, melodici, ritmici o ornamentali) pone il problema di come tessere di mosaico simili possano trovare collocazione analoga (o contrastante) in opere fra loro distanti.

Stabilito che, in base a questo caleidoscopio di segni, l’essenza del comporre non si limita più ad una materia omologa, bisogna spiegare come un insieme di frammenti possa pur percepirsi come essenza unitaria. E i frammenti sono tutt’altro che decodificabili nel loro valore segnico, ma sono sottoposti ad una legittimazione proprio perché ripetuti da opera a opera. Detto per inciso, la storia della frammentazione delle unità percettive diviene anche la storia del progressivo non identificarsi con quanto i compositori frammentavano, per cui la ricomposizione di nuove forme di unità è — secondo il mio punto di vista di compositore — uno dei compiti che il linguaggio odierno è chiamato a svolgere.

È noto a tutti che una determinante accelerazione al linguaggio musicale la impose il nuovo rapporto fra parola e curve espressive che segnò il limite fra Cinque e Seicento. La coscienza che fosse possibile traslare le regole dell’oratoria nella struttura musicale portò alla codificazione di un nuovo repertorio retorico, strettamente legato alla nascente necessità di affermazione e autonomia del linguaggio strumentale, privo di potere connettivo e denotativo.

Il fatto che questa attività teorica marcasse affinità e legami con altre pratiche (retorica dell’orazione e più in generale letteraria, retorica teatrale) lo si deve alla minore sollecitazione e complessità a cui era stato sottoposto fino ad allora il linguaggio musicale. Che ora cercava una sua evoluzione proprio appoggiandosi a una conversione metaforica, l’unica in grado di scardinare le semplici intelaiature strutturali finora in uso. Così come l’allegoria è traslazione iconologica della metafora, anche la materia sonora poteva trovare una altrettanto feconda attività di traslazione, sviluppatasi in seguito con proprie figure e conversioni (onomatopee trasformate in madrigalismi ne erano antecedenti). Ma lo scopo di questa disamina non è tanto il segnalare antecedenti, quanto illuminare una pratica compositiva complessa, che utilizza al suo interno miriadi di “nuove” figure retoriche, ben oltre la “semplicità” di relazioni che la musica barocca conteneva (non si arrabbino i suoi esegeti, ma se confrontata alle ‘macchine’ sviluppate fino ai giorni nostri quelle strategie orchestrali e linguistiche erano ben poca cosa).

C’è quindi una necessità di “trovare sul campo”, senza un obbligatorio punto di partenza che faccia riferimento alla linguistica, tutte le ricorrenze che il linguaggio musicale ha sviluppato in piena autonomia fino ai giorni nostri.

Ciò che sarà esposto in seguito riguarda soprattutto brevi segmenti di composizioni, ridotti fin anche ad un solo movimento. Il loro reale valore si completerà solo in relazione alla storia del genere, della forma o dell’atteggiamento compositivo a cui fanno riferimento (l’evoluzione a cui sono state sottoposte nel tempo le opere costruite secondo il principio dell’imitazione fugata può essere esempio dilatato — paragonabile a quanto si sviluppò nel contenitore sonata — di quante sollecitazioni possa essere sottoposto un orizzonte compositivo. Lo stesso può dirsi per l’evoluzione a cui si è sottoposta nel tempo la forma — e l’idea — della variazione).

Si deve aggirare l’ostacolo che le figure retoriche qui enumerate debbano tramutarsi in corrispondenze linguistiche ed emotive certe. Consideriamole per ora solo come ricorrenze di vario peso, collocazione e ruolo formale, constatando se mai in seguito come si siano progressivamente codificati tracciati compositivi e figure convenzionali che hanno assunto la funzione di personaggi identificabili (lo si può verificare nella ricezione compositiva degli autori minori, che utilizzano molto spesso l’involucro di queste convenzioni e dei loro percorsi).

Non prenderò per altro in considerazione altre componenti espressive determinanti come timbro e fraseggio. Ma solo per quest’ultimo si pensi (come esempio convenzionale) all’importanza che ha avuto la primaria identificazione dello staccato con i personaggi “buffi”, e come poi, emancipandosi nella musica strumentale, il fraseggio corrispondente abbia viaggiato di forza propria senza mai dimenticare l’identificazione con cui era stato creato.

D’altro lato tutte le scene di morte (o di forte emotività) hanno generato una retorica del dolore che di decennio in decennio ha dovuto aggiornare un’intensità precedente- mente logorata. Quindi non solo aumento in decibel ma anche laboratorio dove sperimentare archi di tensione (dai madrigalismi in poi) che trovavano, nell’astrazione strumentale, una più libera e travolgente autonomia.

Tralascerò anche di annotare soluzioni formali simili, anche se questo tipo di raffronto (assai frequente) avrebbe il vantaggio di verificare assimilazioni più estese. Ne ricordo solo qualcuna: VIVALDI/MOZART, Adagi dell’Autunno (Quattro Stagioni) e del Quartetto K 465; MOZART/WAGNER, Fantasia K 475 — Preludio Tristano e Isotta (modello e sequenza, uso dell’eco); HAYDN/BEETHOVEN, Sinfonia n. 103 — V Sinfonia (movimenti lenti, variazione alternata di due temi; BEETHOVEN/MAHLER, IV Sinfonia — I Sinfonia (pedale e tema con intervalli simmetrici); Dvorak/Cajkovskij, VIII Sinfonia (IV mov.) — VI Sinfonia (I mov.) un breve motivo viene presentato con orchestrazioni, caratteri e metronomi diversi; STRAVINSKIJ/STOCKHAUSEN, Sacre (n. 12) — Klavierstüke IX (accordo ribattuto con sovrapposizione tonale o di intervalli).

Stesso discorso per citazione o autocitazioni. L’inserimento di oggetti sonori identificabili è una sorta di reliquia che il compositore custodisce all’interno dell’opera. Per questo può essere tanto palese quanto occulta (si ricordino quelle inserite da NONO nel suo quartetto Fragmenta-Stille, An Diotima: alcune riconoscibili (Chanson Malor me bat di Ockeghem), altre in funzione “materica” (scala enigmatica tratta dai Quattro pezzi sacri di Verdi). Nel Concerto per pianoforte e orchestra K 467 di Mozart il II tema del I movimento (da batt. 128) cita le battute iniziali del medesimo tema scritto per il precedente Concerto per corno K 447 (da batt. 55). Si noti come, da idee di partenza uguali, facciano seguito caratteri differenti: frammentarietà nel K 447 (il primo motto è seguito da due incisi fra loro differenti), simmetria nel K 467. Un ulteriore parallelo lo si può trovare in un elemento frequente: melodie basate sull’esacordo discendente: J.S. BACH, Passione secondo S. Giovanni (n. 30); MARCELLO, Concerto per oboe (Adagio); MOZART, Concerto per corno K 417 (I mov.) batt. 91; BEETHOVEN, Sonata per violoncello e pianoforte op. 69 (I mov.), Sonata op. 110 (Scherzo e Adagio).

Anche tutto quanto fa parte dei “effetti speciali armonici” di derivazione melodica (seste italiane, tedesche, napoletane, quinte aumentate e diminuite, compreso il loro potere di modulazione per enarmonia), viene omesso perché di troppo comune frequenza, ma rimane comunque figura retorica riconoscibile e non solo legata all’epoca dell’armonia funzionale.

Identica ricorsività si riscontra anche per le pratiche legate al contrappunto. Ne cito solo alcune: fughe basate sull’accelerazione dell’impulso ritmico; divisibilità del soggetto in più parti avanti caratteri diversi; soggetti di carattere simmetrico; breve divertimento fra la seconda e la terza entrata (inserito spesso da Bach per evitare un’esposizione troppo meccanica viene ripreso anche da SOSTAKOVIC nel II movimento del Quintetto op. 57). Altro elemento extra-stilistico l’utilizzo di fugati dopo il barocco, con relativa “umanizzazione” del contrappunto e interruzione nel flusso formale che questo provoca. Ricordo anche come vi siano molte figure grafiche o simmetriche intersecate con le significazioni attribuite a retrogradi e inversioni.

Un altro tratto di percezione comune è quello della scrittura, ma anche a questo — per questioni di evidente ampiezza — riservo un solo accenno: figure basate su continue sequenze (legate) di note di volta: VIVALDI, Primavera (I mov.) batt. 32; J.S. BACH, Oratorio di Pasqua BWV 249 (Aria n. 7); MOZART, Così fan tutte (Atto I) n. 6.

Prima di trasformare queste considerazioni in un semplice formulario va però fatta un’altra premessa. L’incidenza delle forme codificate, nelle dinamiche percettive che portano all’approvazione e all’identificazione, è minore rispetto alla comprensione di segnali di senso più comune (stabilità, concitazione, spezzatura, ecc.). Ecco quindi come, allo stadio di sintesi che poi spesso corrisponde a quello dell’ascolto distratto, diviene fondamentale non considerare queste “figure” come unici elementi significanti. Ciò che li tiene assieme sta in ciò che si determina sommando i singoli elementi di contrasto e di complementarità. Non si dimentichino mai queste premesse, se si vuol pesare il vero senso dei “dettagli”. Anche se si volesse cercare, in parallelo a quanto è stato notato in letteratura e nelle arti visive, un “autonomia del significante”. Prendendo atto cioè che alcune figure retoriche, prendendo il sopravvento rispetto alla loro formulazione stratificata, tendono a riprodursi per autogerminazione. Lo si può verificare in tanta musica “vuota” che prende a prestito l’involucro di processi compositivi automatici (si ricordi l’esaltazione dell’ornamento tonale nel salotto Biedermeier o alcune proliferazioni materiche di derivazione seriale).

Un’ultima precisazione. Mi sono deciso a “fermare su articolo” un elenco necessariamente incompleto, polarizzato in categorie che andrebbero riverificate, solo perché mi sembra imprescindibile arricchirlo nel confronto con altri studiosi. Una ricerca volta ad affermare le radici di una autonomia linguistica, ha bisogno dell’apporto dialettico (o anche di semplice catalogazione) ben superiore alla singola prospettiva.

Per evidenti ragioni di concisione riporterò la figura retorica individuata e solo alcune delle sue ricorrenze.

Diverso carattere, nel tempo, di un motivo o inciso tematico

L’evoluzione nel tempo di una cellula è una delle costanti più innovative del cosiddetto “classicismo”. Nell’Allegro di sonata un’identica cellula ha un tipo di reattività e prosecuzione differente a seconda che si trovi in esposizione, sviluppo, ripresa o coda (per questo confrontare le 25 varianti a cui è sottoposto l’inciso che apre la V Sinfonia di Beethoven (un caleidoscopico antecedente — ma solo per quel che riguarda una permutazione direzionale — sta in J.S. BACH, Preludio in Re maggiore dal I Libro del  Clavicembalo ben temperato); MOZART, Don Giovanni Ouverture batt. 1/ Scena XIII (Atto II), batt. 1 Concerto K 467 (Allegro maestoso) la fanfara di batt. 7 si trasforma a batt. 86-87 (entrata del solista) in normale ornamentazione; Beethoven, Concerto op. 58 (idea perno dell’Allegro moderato, da batt. 1), Concerto op. 73 (Allegro, II tema); BERLIOZ, Sinfonia fantastica (idea principale trasformata in Songe d’une nuit du sabbat, batt. 22); BRAHMS, II Concerto per pianoforte e orchestra (Allegro non troppo, I tema); CAJKOVSKIJ, VI Sinfonia (I movimento: introduzione, I tema e inizio sviluppo); BIZET, Suite da “l’Arlesiane”, DVORAK, VIII Sinfonia (Allegro ma non troppo, tema principale); STRAVINSKIJ, L’uccello di fuoco (tema principale); DEBUSSY, Hommage a Haydn (20 varianti); BARTOK, Musica per archi, percussione e celesta (soggetto di fuga nei quattro movimenti).

Diversa prosecuzione di uno spunto tematico

Viene spesso usata nelle riprese per accorciare i tempi del ponte modulante: BEETHOVEN, Sonata op. 24 (Allegro) batt. 137-43 (in questo caso si prosegue dilatando l’elemento di moto dell’appoggiatura), Sonata op. 31 n. 2 (I mov.) la ripresa accentua il recitativo e introduce nuovi elementi strumentali al posto del dialogo operistico. Altre volte invece il diverso rapporto fra sezioni contigue crea un carattere nuovo in base al diverso accostamento. In molte opere dell’epoca barocca (ad esempio in molti dei Concerti Brandeburghesi di J.S. Bach) si nota un’intercambiabilità nell’accostamento di moduli precomposti. Un collage che suggerisce una forma non direzionale del tempo, disposta a sconvolgere il momento del suo riapparire senza che cambi il senso complessivo. La tecnica di invertire l’ordine degli elementi tematici nella ripresa prosegue negli Allegri di Sonata (diversi esempi in Mozart, ma anche in Beethoven). Forma non più usata nel momento in cui il primo tema assume caratteri precisi e identificabili.

Dilatazioni di frasi tramite elementi aggiunti

J.S. BACH, Concerto BWV 1041 (I movimento) batt. 17-20 (due diverse gradazioni di intensità per evitare la cadenza in tonica); MOZART, Concerto K 467 (Andante) la sospensione armonica da batt. 11 a batt. 19 non compare nella successiva entrata del pianoforte; BEETHOVEN, Sonata op. 7 (Largo) batt. 20-23; DEBUSSY, Clair de lune batt. 66-69. Questa tecnica si può utilizzare anche melodicamente nell’espansione da un piccolo inciso: CHOPIN, Polacca op. 44 (batt. 1-8); MUSORGSKIJ, Quadri di un esposizione (Guomus) batt. 1-17; STRAVINSKIJ, Sacre du printemps (da 91, si aggiunge sempre un Fa diesis) Ottetto (Sinfonia, batt. 5 e seguenti); BERG, Wozzeck Atto II (I violini, da levare batt. 591); BARTOK, Musica per archi, percussione e celesta (tema del fugato), IV Quartetto (III mov., violoncello, da batt. 5).

Doppia cadenza al VI grado (anche con modulazione) prima di concludere

Sottolinea la volontà, nelle Sonate del primo barocco, di passare a periodi più estesi. Primo elemento quindi di uno sfondamento di frase contro l’obbligatorio “ritorno di carrello” imposto dalla cadenza perfetta. Rientra nella più ampia categoria delle modulazioni temporanee. MOZART, Sinfonia K 550 (Allegro molto) batt. 94.

Sezioni il cui senso si completa con l’aggiunta di altri elementi

Non si tratta di una progressiva stratificazione, ma di iniziare con linee omesse, la cui comparsa vira il senso iniziale. D. SCARLATTI, Fuga del gatto; BACH, Fuga in La minore (Clavicembalo ben temperato, Libro II); MOZART, Sinfonia concertante (Allegro maestoso) da batt. 38, motti di corno e oboe sul tema iniziale in arpeggio, Concerto K 488 (entrata solista); BEETHOVEN, Variazioni in Mib.

Sovrapposizione di temi principali

Derivata dalla complementarità di soggetto e controsoggetto e poi sviluppata nei Preludi a Corale, viene qui applicata ad una stratificazione tematica. BACH, III Concerto Brandenburghese (I mov.) batt. 78-81; MOZART, Sinfonia K 551 (IV mov.) batt. 373-402; BEETHOVEN, III Sinfonia (IV mov.), IX Sinfonia (IV mov, batt. 655) sovrapposizione del tema principale con quello dell’Andante maestoso (batt. 595); MAHLER, I Sinfonia (I mov.) batt. 189-9; STRAVINSKIJ, Sacre du printemps (da 64).

Elementi operistici (recitativi, duetti, cadenze) in composizioni strumentali

Come la citazione metaforica di danze (si pensi a gran parte dell’opera strumentale in Bach) questo traslare movenze riconoscibili ha determinato vari gradi di parafrasi, specie in autori che con l’opera non ebbero fortuna (ad iniziare da Beethoven). In molti casi l’aggiunta di cadenze in composizioni cameristiche, cadenze la cui sovrabbondanza non appare giustificata formalmente, può richiamare un parallelo con atteggiamenti pleonastici. Lo stesso saltare di ottava discendente possiamo considerarlo come topos affermativo di matrice vocale e operistica.

Di matrice operistica sono anche i finali con accelerazioni di metronomo, consuetudine di “stretto” conclusivo che ha poi trovato frequente applicazione nella musica strumentale: MOZART, Concerto K 543 (III mov.); BEETHOVEN, Concerto op. 37 (III mov.), Sonata op. 28 (IV mov.), Quartetto op. 95 (IV mov.); CHERUBINI, Ouverture da concerto in Sol maggiore ; ROSSINI, Ouverture Barbiere di Siviglia; SCHUMANN, II Sinfonia (II mov.); BRAHMS, Sonata op. 38 (Allegro ); DVORAK, VII I Sinfonia (II , IV mov.); MAHLER, I Sinfonia (I mov.); BARTOK, Concerto per orchestra (Finale).

Il segnale del procedere in ottava ha diverse varianti: composizioni che iniziano con ottave

MOZART, Concerto K 491, Sonata K 309; BEETHOVEN, V Sinfonia Trio op. 1 n. 3, Trio op. 70 n.1, Quartetto op. 18 n.1, Quartetto op. 59 n. 2, Quartetto op. 95.

Sequenze in ottava come segnale di fine sezione

BACH, Clavicembalo ben temperato (Libro I) Fuga in min. batt. 19, III Concerto Brandeburghese (I mov.) batt. 7-8; HAYDN, Sinfonia n. 12 (II mov.) batt. 65-9; MOZART, Serenata K 361 (Molto Allegro) batt. 229-32, Sinfonia K 504 (Allegro) batt. 70; BEETHOVEN, Quartetto op. 59 n. 1 (Allegro) batt. 137-40; MENDELSSOHN, Sinfonia n. 4 (Saltarello) batt. 82-4, DVORAK, IX Sinfonia (Scherzo) batt. 29-32. È possibile anche passare dalla perentorietà di incisi presentati in ottava (o in raddoppio) seguiti da un repentino cambio di carattere: BEETHOVEN, Quartetto op. 95 (Allegro con brio) batt. 18-21, V Sinfonia (Allegro con brio) batt. 59-63, Concerto op. 58 (Allegro moderato) batt. 65-7. Il carattere che si delinea ha una certa analogia con le note lunghe che si staccano da accordi e che vengono proseguite con altre armonie o figure: BEETHOVEN, Quartetto op. 59 n. 2 (Allegro) batt. 77, Trio op. 70 n. 1 (Allegro vivace e con brio) batt. 5, IV Sinfonia (Adagio iniziale, batt. 36), PROKOF’EV, II Concerto per violino (I mov.) batt. 8-9.

Più frequente è il contrasto in successione fra periodi in ottava e armonizzati.

HAYDN, Sinfonia n. 12 (I mov. batt. 1-8); MOZART, Sinfonia K 540 (Andante) batt. 45-8; BEETHOVEN, Concerto op. 58 (Andante con moto), SCHUBERT, Sonata op. 143 (Allegro giusto, Andante); BRAHMS, Concerto op. 83 (Allegro appassionato); DEBUSSY, Images (Hommage à Rameau) (da batt. 1).

Intervalli più ampi dell’ottava, non solo strumentali (improvvisi cambi di registro)

Precedono, soprattutto nella cultura tedesca, l’uso “espressivo” — articolato in più coscienti unità linguistiche — di intervallazioni divaricate. VIVALDI, Concerto funebre (Adagio) batt. 1-3; BACH, Invenzione a 2 voci in Do maggiore (batt. 20), Suite in Sol maggiore per violoncello (Allemande, batt. 16); HAYDN, Sinfonia n. 12 (I mov. batt. 17-20, II mov. batt. 59), Quartetto op. 76 n. 4 (Adagio) batt. 13, 30, 51; MOZART, Quartetto K 465 (Allegro) batt. 88-9 (Menuetto) batt. 12, Le nozze di Figaro (n. 17, batt. 124); BEETHOVEN, Bagatelle op. 126 (I) batt. 14, IV Sinfonia (IV mov.) batt. 316, Sonata op. 2 n. 2 (Rondò) batt. 2, Sonata op. 7 (Allegro molto e con brio) batt. 51, Quartetto op. 127 (Allegro) batt. 32; CHOPIN, Sonata op. 35 (I mov.) batt. 11 (in questo caso il Sib era previsto all’ottava bassa); GOUNOD, Petite Simphonie (Adagio) batt. 13.

Spostamento di semitono (ascendente) dopo sospensione

Deriva dalla cadenza d’inganno, portandola ad una più radicale frattura. BACH, Oratorio di Pasqua BWV 249 (Aria n. 2) batt. 45; HAYDN, Quartetto op. 74 n. 1 (Menuetto) batt. 15; MOZART, Quartetto K 46 5 (Allegro molto) batt. 89, Sonata K 570 (Allegro) batt. 23/80, Le nozze di Figaro (n. 15) batt. 234; BEETHOVEN, Quartetto op. 59 n. 2 (Allegro) batt. 6, Sonata op. 2 n. 3 (Adagio) batt. 52, Sonata op. 24 (Allegro) batt. 90, Variazioni Diabelli (XXII, batt. 9); SCHUBERT, Quintetto La trota (Andante) batt. 61.

Cadenze verso l’acuto troncate verso il grave (l’immagine che se ne deduce è la frenata ad un impeto).
BACH, VI Suite inglese (Allemande) batt. 11, Corrente (batt. 15); MOZART, Concerto K 453 (Andante) batt. 109, Sonata K 331 (Andante grazioso) batt. 18.

Progressioni

Il modo con cui amplifica una ascesa a gradini (semitono o quarte) la apparenta con una delle definizioni del climax. Attrezzo abusato nel linguaggio barocco come elemento di scarico della tensione o elemento modulante, ha poi assunto una nuova concezione di unità connettiva nel modello-sequenza wagneriano: SKRJABIN, Poema dell’Estasi (da 5 prima di 11).

Frase in ascesa costante (associata a crescendo dinamico). Oltre ai semplici madrigalismi, questo senso dell’ascendere può distribuirsi in archi più estesi (parallelo retorico dell’anabasi). HAYDN, Quartetto op. 64 n. 1 (Finale) da batt. 43; MOZART, Sinfonia concertante (Allegro maestoso) batt. 46-58; BRAHMS, Quartetto op. 51 n. 1 (Allegro) da batt. 1.

Responsorio con materiali differenti: variante del più comune dialogo alternato su identico materiale.
Possiamo trovarlo in: BEETHOVEN, Concerto op. 58 (Andante con moto); SCHUMANN, Dichterliebe (“Ich hab’…”).

Sovrapposizioni armoniche (bitonalità)

Prima che la sovrapposizione di accordi differenti divenisse parte della “modernità” novecentesca alcuni casi si potevano trovare come sovrapposizione tonica-dominante. HAYDN, Concerto in Re per pianoforte e orchestra (Rondo all’ongharese) batt. 33 e seguenti; BEETHOVEN, Trio op. 1 n. 3 (I mov) batt. 200-4, III Sinfonia (Allegro con brio) batt. 147 , batt. 394-5, VI Sinfonia (Allegretto) batt. 5-8, Sonata op. 10 n. 3 (Rondò) batt. 36, Sonata op. 81 (Allegro) da 25 prima del fine; SATIE, Le fils des etoliles; MILHAUD, I Quartetti n. 8 e 9 possono essere suonati separatamente oppure sovrapposti in un ottetto bitonale. Qualcosa di simile si verifica nel movimento non concorde (armonicamente) fra basso e canto: BEETHOVEN, Sonata op. 24 (Scherzo) batt. 10-6, Concerto op. 73 (Allegro) batt. 70-3; SKRJABIN, Sonata op.6; STRAVINSKIJ, Sonata per pianoforte (I movimento) batt. 13-7.

Presentazione di una sequenza con diverse armonizzazioni

Possibilità di variare la “luce” armonica a cui è sottoposta una melodia, applicata — con differenti procedure — anche in epoca barocca. Si pensi ad esempio ai controsoggetti progressivi che accompagnano in J. S. Bach l’evolversi dell’Offerta musicale e dell’Arte della fuga. HAYDN, Quartetto op. 50 n. 4 batt. 5-16; MOZART, Don Giovanni Ouverture batt. 1 Scena XV (Atto II) batt. 433, Scena XIII (II atto) batt. 1/I Atto, Ouverture batt. 32-4, II atto Scena VII batt. 40-1 (la diversa armonizzazione e la diversa scrittura sottolineano anche un carattere differente di Don Giovanni — a cui sembra riferirsi l’Ouverture —- e di Don Ottavio, che pronunzia quel frammento di frase nel II Atto), Quartetto K 465 (Menuetto) batt. 12-4/50-2, Requiem Introitus batt. 21-3/27-9; BEETHOVEN, Quartetto op. 59 n. 2 (Molto adagio) batt. 1, 9, 85, 138; SCHUMANN, Lieder op. 42 (n. 2); BRAHMS, Sonata op. 78 (Vivace ma non troppo) batt. 140- 1/148-9/ 150-1; FRANCK, Sonata in La (I mov.) batt. 55-6 (II mov.) batt. 44-5; WOLF, Italianischer Liederbuch (n. 11) batt. 5-12; MAHLER, IX Sinfonia (Andante comodo) batt. 211 (riferita a batt. 29); DEBUSSY, Prelude a l’après-midi d’un faune batt. 1-11-21-26-79-81-100-107; BARTOK, Mikrokosmos (151).

Armonia vagante (la modulazione come idea di smarrimento)

Brevi tratti senza polarizzazione armonica precisano la posizione stabilizzatrice della tonalità, mimando una perdita di orientamento. Come per le scene di dolore anche qui la gradazione ha subito diverse curve di intensità. Cito solo due esempi: D. SCARLATTI, Sonata in Fa (Fadini, n. 384) batt. 54-61; CHOPIN, Preludi op. 28 (n. 4) (n.19) batt. 29-31/43-4 (n. 21) batt. 41-4. In Chopin si trovano spesso queste forme di accelerazione armonica ai toni lontani, sempre usata in funzione coloristica e non drammatica, spesso prima di riprendere la cadenza al tono principale e circoscritta a poche battute.

L’osmosi fra orizzontale e verticale determina armonie derivanti da scale: a) PENTATONICA: VERDI, Otello (Preludio) batt. 1-4; DEBUSSY, Images (Reflets dans l’eau) batt. 16, Preludi (La Chathédrale engloutie) batt. 1-6. b) ESATONALE: B A RTOK, Musica per archi, percussione e celesta, (Andante tranquillo) batt. 47-50; BERG, Wozzek Atto I Scena I batt. 198-200. c) PER QUARTE: SCHÖNBERG, Kammersymphonie op. 9; BERG, Sonata op. 1 (batt. 28), Wozzeck Atto I, batt. 623; BARTOK, Musica per archi, percussione e celesta (Allegro molto) batt. 28-33. Fino ad arrivare a una identità armonico-melodica (stesse note per armonia e melodia): BACH, Clavicembalo ben temperato (II Libro) Preludio in Re minore, batt. 2-4; CHOPIN, Preludi op. 28 (n. 3) batt. 1-4; SCHUMANN, Fantasia op. 17 (I mov.) da batt. 1; DEBUSSY, Preludi (Voiles), STRAVINSKIJ, Sacre (91); BERG, Wozzeck Atto I batt. 317, Atto II batt. 561-3, VIII Quartetto (23). In base a questo principio è anche possibile individuare lavori caratterizzati (sia armonicamente che melodicamente) da intervalli tematici.

La sovrapposizione verticale può trasformarsi in colore timbrico ottenuto per bordone, (oltre al consueto utilizzo di ottave, terze e seste) tramite armonizzazioni parallele. Per seconde: BERG, Wozzeck (Atto I) batt. 65-8. Per quarte: BARTOK, IV Quartetto (V) batt. 80-5, 89-98. Per quinte: SKRJABIN, Studi op.64 (Molto vivace). Per settime: RAVEL, Sonata per violino e pianoforte (I mov.) batt.133-52, (III mov.) batt.15-22, 52-3; SKRJABIN, Studi op. 64 (Allegretto). Per none: SKRJABIN, Studi op. 64 (Allegro fantastico).

Una sua più estesa caratterizzazione viene dalle armonizzazioni parallele in posizione di terza e sesta. Si può trovare, fin nel Barocco, in catene di terze e seste discendenti; oppure con la terza al basso che viene considerata sempre terza maggiore di una nuova armonia: DEBUSSY, Preludi (I) da batt. 21; BARTOK, Musica per archi, percussione e celesta (Allegro) da batt. 199.

Oltre ai fenomeni di liquidazione di un’idea composita tramite sottrazione progressiva di incisi — possiamo verificarlo in BACH, III Suite per violoncello (Prélude) batt. 47-56 — grande importanza ha l’accelerazione del ritmo armonico: VIVALDI, Sonata op. 12 in Sol m (I mov.); BACH, Sonata I per violino so lo (Fuga) batt. 42-6; MOZART, Concerto K467 (Allegro maestoso) batt. 1-8; HAYDN, Sinfonia n. 94 (Vivace assai) batt. 22-30; BEETHOVEN, Sonata op. 2 n. 1 (batt. 1-8). Di natura simile, anche se non progressiva, sono gli improvvisi concentrati armonici: MOZART, Sinfonia K 550 (Allegro molto) batt. 48-9; BEETHOVEN, I Sinfonia (Allegro con brio) batt. 41-4; CHOPIN, Notturno op. 9 n. 2 (batt. 12). Loro contrario sono le dilatazioni armoniche (naturalmente rispetto al ritmo armonico previsto): BACH, Preludio in Re maggiore (Clavicembalo ben temperato, Libro I) batt. 9; DVORAK, VIII Sinfonia (Allegro con brio) 2-6 dopo B; oppure, in maniera più dilatata, le sezioni di attesa armonica: HAYDN, Quartetto op. 76 n. 1 (Allegro con spirito) batt. 56-63; BEETHOVEN, Variazioni Diabelli (III variazione, batt. 20-24).

Oltre alle modulazioni improvvise (quindi non preparate da una dominante) si possono avere diverse interpretazioni di una nota per modulare senza dominante (in genere dopo una pausa ): MOZART, Fantasia K 4 75 (batt. 26); BEETHOVEN, IX Sinfonia (Finale) batt. 330, Sonata op. 14 n. 1 (Allegretto) batt. 17, Concerto op. 73 (Adagio un poco mosso) batt. 78; PAGANINI, Capricci op. 1 (XI) batt. 9. Non si dimentichi naturalmente l’utilizzo dell’enarmonia: BACH, III Suite inglese (Sarabanda, batt. 18); PAGANINI, Capricci op. 1 (I) batt. 39; VERDI, Rigoletto Atto I, n. 2 (“entrambi voi maledetti”) n. 4 (10 dopo 11).

Armonie che si modificano con l’ingresso di note gravi. Fondamentale estensione della catena armonica per terze in grado poi, all’allentarsi della stretta tonale, di suggerire nuove sovrapposizioni: BACH, III Suite Violoncello (Prelude) batt. 35-6; WAGNER, Tristano e Isotta (Preludio) batt. 16; BRAHMS, Concerto per violino (Allegro non troppo) batt. 61-5, Sonata op. 120 n. 1 (Andante un poco Adagio) batt. 1; GRIEG, Pezzi lirici op. 54 (Nocturne) batt. 17, 20; RIMSKIJ-KORSAKOV, Sheherazade (tema principale al violino); MAHLER, I Sinfonia (I mov.) batt. 180; SKRJABIN, Sonata op. 64 (Allegro) batt.1-2; DEBUSSY, Preludi (Danseuses de Delphes) batt. 18; PROKOF’EV, Sonata op. 94 (Moderato) batt. 35.

 

 

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Utilizzo simultaneo di scale differenti

Primo accenno ad una polimodalità, camuffato dalla velocità in cui si confondevano accostamenti quasi sempre determinati dalla presenza di scale armoniche e melodiche, o da appoggiature. BACH, I Concerto brandeburghese (Adagio) batt. 9-11, Arte della Fuga Contrappunto III (batt. 61-3); MOZART, Quartetto K 465 (Adagio) batt. 1-2, (Allegro) batt. 114, Menuetto (batt. 100-1), Quartetto K 499 (Adagio) batt. 94; BEETHOVEN, Concerto op. 37 (Allegro con brio) batt. 300, Variazioni Diabelli (IX) batt. 11; BIZET, Suite n. 1 da l’Arlesiane (n. 4 Carillon).

La modificazione di scale consiste nell’insistere su di un disegno ritmico modificando poco alla volta alcuni rapporti intervallari. Porterà alla modulazione modale in Bartók. VIVALDI, Orlando furioso (Atto II) Aria di Alcina, sulla parola “tormenti”; BACH, Suite inglese in La m (Bourreé) batt. 43-4; MOZART, Don Giovanni Ouverture batt. 85-90; BEETHOVEN, Quartetto op. 18 n. 3 (Allegro) batt. 61-5, Quartetto op. 59 n.2 (I mov.) batt. 15-7, Quartetto op. 95 (Allegro con brio) batt. 18-20, (Allegretto ma non troppo) batt. 65-75, Variazioni Diabelli (XXII) batt. 12-5; BRAHMS, Sonata op. 120 n. 1 (II mov.) batt. 43-4; LISTZ, Sonata in Si min. (da batt. 1); WOLF, Italianischer Liederbuch (n. 5); DVORAK, VIII Sinfonia (Allegro con brio) 8 prima di G.

Cambi di modo

Utilizzata dal punto di vista armonico permette modulazioni a toni distanti con un procedimento inavvertito (punto di lancio, di volta per entrare in una diversa catena di pensieri). Visto come parallelo retorico possiamo trovare un’assonanza con la paronomàsia, “accostamento, in presenza o per richiamo implicito, di parole che abbiano una qualche somiglianza fonica, dovuta o no a parentela etimologica, ma siano differenti nel significato” (BICE MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Bompiani). D. SCARLATTI, Sonata n.227 (Fadini) batt. 11, J.S. BACH, Suite VI per violoncello (Sarabanda) batt. 25-8, Oratorio di Pasqua BWV 249 (Duetto e Coro n. 3) batt. 252; HAYDN, Quartetto op. 74 n. 3 (Finale) batt. 100, Quartetto op. 76 n. 2 (Vivace assai) batt. 180 (in entrambi serve a concludere in maggiore un movimento in minore); MOZART, Fantasia K 475 (Allegro) batt. 62, Concerto K 503 (Allegro maestoso) batt. 15-8, 51-60; CHOPIN, Mazurka op. 30 n. 3; BRAHMS, Concerto op. 15 (Maestoso) batt. 32-40, Sonata op. 100 (Allegro amabile) batt. 150; DVORAK, Danze slave (n. 8); FRANCK, Sonata per violino e pianoforte (Recitativo) batt. 11-2 (notare il senso di chiarezza che assume il passaggio al maggiore).

Più avanti, oltre a rapidi cambi di modo (vedere Strauss, inizio di Così parlò Zarathustra) si sono utilizzate armonie con il III grado M-m: SKRJABIN, Preludi op. 74 (IV) levare batt.1, 24; RAVEL, Miroirs (Alborada del Gracioso) batt. 1, 97; PROKOF’EV, Sonata op. 94 (Moderato) batt. 7.

Una sua utilizzazione semplicemente armonica arriva quando il pedale di dominante che lancia il secondo gruppo tematico in un Allegro di sonata crea una temporanea incertezza tramite una quarta e sesta con sesta minore. Possiamo trovarlo in J.S. BACH (III Suite per violoncello, Prelude, batt. 58), spesso in Mozart e Beethoven, ma anche in Mendelssohn (Sinfonia n. 4, I movimento). Questa incertezza armonica si estende anche a brevi sezioni in minore, in funzione di lieve increspatura d’attesa.

Melodie dai profili accordali

È questa la più diretta ed estrema testimonianza del potere assunto dall’armonia nel dirigere l’impulso melodico. Come limatura di ferro attratta da occulti magneti la fila delle note si va a disporre nell’ordine stabilito dal polo armonico: STRAVINSKIJ, Apollon Musagete (7); notare come si ottenga un effetto di scarto stilistico. A loro si contrappongono melodie baste su poche altezze (specie se si tratta di temi per variazioni), oppure melodia stabili su bassi discendenti: SCHUMANN, Kinderscenen op. 15 (n. 11); WOLF, Italianischer Liederbuch (2); MUROLO, Scalinatella.

Molte melodie possono derivare da uno scheletro precedente: BACH, V Suite per violoncello (Gavotte I) batt. 13-20, Clavicembalo ben temperato (Libro II) Fuga I batt. 68-71 (in questo caso lo scheletro — rispetto alla versione ornata del soggetto di fuga — giunge al termine della composizione). Da uno scheletro cromatico: MUSORGSKIJ, Quadri di un esposizione (Gnomus) batt. 70; DEBUSSY, Syrinx. Oppure semplicemente ci sono frasi seguite dalla loro versione ornata: MOZART, Sonata K 545 (Andante) batt. 1-14. Ci sono poi composizioni (o frammenti di melodie) basate su scale particolari (specialmente pentatonica e esatonale).

Oltre a melodie basate su ostinati ritmici alcuni antecedenti di melodie “infinite” si trovano in: BACH, Concerto Italiano (II mov.), Clavicembalo ben temperato (Libro II), Preludio in Do diesis minore. Effetto contrario ottengono frasi riassunte (in una seconda versione) in una compressione più ristretta: MOZART, Sonata K 457 (Molto allegro) batt. 36-45 / 59-61.

Fermate del tempo in funzione espressiva (uso del silenzio): dato che questa si riferisce a pause all’interno della composizione, si può richiamare la figura retorica dell’aposiopesi. La maggior parte di queste pause serve ad azzerare una concitazione che trova il suo apice attonito proprio nella pausa, simbolo di esitazione di fronte ad un cambiamento. Spesso, di conseguenza, si passa ad un diverso materiale musicale: la pausa spezza una catena di discorsi per passare all’improvviso ad altri caratteri. Anche per questa importante e diffusa conquista del linguaggio musicale preferisco evitare lo schematismo di pochi esempi, segnalando solo alcuni casi specifici. J.S. BACH, II I Suite per violoncello (Prélude) batt. 79: la pausa giunge ad evitare prosecuzioni e commenti per una modulazione non prevista. La successiva continuazione rimette le cose a posto. BRAHMS, (Finale II Sinfonia): tentativo di abolire le figure secondarie (che si troverebbero negli interstizi di affermazioni categoriche) con una pausa netta.

Pause scritte al termine di movimenti si trovano in BEETHOVEN (al termine del I movimento delle Sonate op. 7, op. 13 e op. 28 c’è una pausa con corona), MAHLER, II Sinfonia ( pausa di 5 minuti fra I e II tempo ) e LIGETI , Nouvelles aventures (il direttore tiene nel finale la bacchetta alzata per far proseguire il tempo nel silenzio).

La ripetizione può avere differenti valori: come sospensione temporale: MOZART, Sonata K 457 (Allegro molto) batt. 30-34; BEETHOVEN, V Sinfonia (Allegro con brio) batt. 63-74, 83-93, VI Sinfonia (Allegro ma non troppo) batt. 16-28, Sonata op. 28 (finale Allegro), Quartetto op. 135 (Vivace) batt. 142-92; SCHUBERT, Quintetto La trota (Andante) batt. 43-8; CHOPIN, Preludio n. 21 (batt. 17-32). Come accentuazione drammatica: BACH, Passione secondo S. Matteo (recitativo “Ach Golghota”); HAYDN, Quartetto op. 7 6 n. 1 (Allegro ma non troppo) batt. 15-7; BEETHOVEN, V Sinfonia (Allegro con brio) batt. 14-9, Concerto op. 73 (Allegro) batt. 72-3, Sonata op. 31 n. 2 (Allegretto) batt. 43-7; BARBER, Adagio per archi. Come uso accumulativo: WAGNER, Idillio di Sigfrido, Ouverture Tannhauser; o come scarico di tensione: PROKOF’EV, II Concerto per violino (I mov) 10 prima di 10.

Pedali

È una figura che nessuna epoca ha omesso di evidenziare. Può anche essere letta come presenza simultanea di due stati (BACH, Passione secondo S. Matteo, batt. 1-8, pedale inferiore su metro trocaico mentre il resto dell’orchestra agisce come massa in espansione). Simili a questi sono quegli inizi con melodia tenuta su armonie diverse, melodia che viene percepita nel suo prender spessore tramite un piccolo crescendo: BACH, Suite in Re maggiore (Aria), Oratorio di Pasqua BWV 249 (Adagio n. 2) batt. 5-7, 24-6; HAYDN, Sinfonia n. 34 (Adagio) batt. 1-3, 5-7, 43-5; MOZART, Concerto K 453 (Andante) batt. 6, Serenata K 361 (Adagio, Tema con variazioni, II variazione), Sinfonia K 504 (Allegro) batt. 37-43, con la variante di essere nota di moto in sincope; MENDELSSOHN, IV Sinfonia (I mov.) 20 batt. prima della ripresa.

La funzione di dilatare il tempo viene poi ampliata (con circolarità più estese) dall’ostinato, anche in forma di passacaglia. Si noti come questo si caricò di nuovi significati all’interno della Seconda Scuola di Vienna.

Se ne trovano di ornamentali: HAYDN, Sinfonia n. 88 (Largo); MOZART, Quartetto op. 465 (Andante cantabile) da batt. 13, Sinfonia K 550 (Andante) da batt. 16; BEETHOVEN, Quartetto op. 18 n. 1 (Adagio affettuoso ed appassionato) batt. 49-59/68/70/100/102, Quartetto op. 59 n. 2 (Molto Adagio) batt. 8-15, Bagatelle op. 119 (n. 2); CHOPIN, Notturno op. 15 n. 1; WAGNER, Ouverture Tannhauser; VERDI, Sinfonia da La forza del destino, Sinfonia da Traviata; BRUCKNER, VIII Sinfonia (Allegro moderato) da Z; DVORAK, VIII Sinfonia (Adagio) da C. Alcuni ostinati acuti (spesso I violini) verranno poi estrapolati ed usati come figura autonoma, senza il pretesto di sovrapporsi ad una melo dia: MUSORGSKIJ, Una notte sul monte Calvo; STRAVINSKIJ, Sacre (165).

Una derivazione dell’ostinato è l’insistenza su di un unico elemento: HAYDN, Quartetto op. 76 n. 1 (Finale) batt. 15; BEETHOVEN, Quartetto op. 18 n. 3 (Allegro) batt. 57-65; SCHUMANN, Humoresque (Intermezzo); CAJKOVSKIJ, Souvenir de Florence (Allegro con spirito) da batt. 733.

 

Polimetria (sovrapposizione di metri differenti): MOZART, Quartetto op. 465 (Menuetto) batt. 16-9, Giga per pianoforte K 560; BEETHOVEN, Quartetto op. 59 n.1 (Allegretto vivace) batt. 95-7, Concerto op. 73 (Rondò) batt. 1-2; CHOPIN, Preludi op. 28 ( 21) batt. 17-32; BRAHMS, Sonata op. 78. (Vivace ma non troppo) batt. 11-7, 153-4; STRAVINSKIJ, Ottetto (Finale, da 66); BARTOK, Musica per archi, percussione e celesta (Allegro molto) da batt. 5; DALLAPICCOLA, Piccolo concerto per Muriel Couveraux (Pastorale) da 2.

Viene a legarsi al mutamento di metro (corrisponde al cambio di verso all’interno di una strofa). Solitamente — come in poesia — si va in restringimento.

Altri artifici legati al ritmo: spostamento di accento (al fine di non far identificare il battere; si trova spesso in inizio di movimento): BEETHOVEN, Quartetto op. 132 (Allegro ma non tanto), Concerto op. 37 (Allegro con brio) batt. 132-8, Sonata op. 10 n. 3 (Rondò); inserimento di terzine: BRAHMS, Sonata op. 100 (Allegro amabile) batt. 79, Sonata op. 108 (Allegro) batt. 11-2, 16-20; uso del ribattuto come elemento tematico (può trovarsi tanto in battere quanto in sincope): BACH, V Concerto Brandenburghese (Allegro), Corale Jesu meine freude; WEBERN, Variazioni op. 27; accentuazione diverse di un unica sequenza o inciso: BACH, Clavicembalo ben temperato (Libro II) Fuga I, soggetto, tre volte la sequenza Fa-Mi-Fa; MOZART, Concerto K 453 (Allegro) batt. 25-9; MAHLER, I Sinfonia (I mov.) batt. 333-51; STRAVINSKIJ, Sacre (47); uso esteso (e tematico) delle sincopi: HAYDN, Quartetto op. 76 n. 1 (Adagio sostenuto) batt. 25-30; BEETHOVEN, Variazioni Diabelli (II); WOLF, Peregrina I (Morike songs); BARTOK, Mikrokosmos (133). Per avere uno spostamento in avanti di accento armonico alcune composizioni (o temi) iniziano con un accordo di moto (quindi posticipando la tonica).

Nel ritmo tematico gli incisi melodici perdono il loro potere primario d’informazione, sostituito dalla pulsazione soggetta a ripetizioni: BACH, III Concerto Branderburghese (Allegro); BEETHOVEN, V Sinfonia (Allegro con brio), IX Sinfonia (Scherzo); BRUCKNER, VII Sinfonia (Scherzo).

Ritmi ottenuti per somma di più linee

BACH, VI Suite inglese (Prelude) batt. 50-2, 115, Clavicembalo ben temperato (Libro II) Preludio in Do diesis maggiore; BEETHOVEN, Variazioni Diabelli (XIX); BRAHMS, Intermezzo op. 76 n.4 (batt. 1-4), Sonata op. 100 (Allegro amabile) batt. 75-8 (il primo strato viene presentato in precedenza); STRAVINSKIJ, Apollon Musagete (21).

L’abolizione delle stanghette

Compare in: SATIE, Le fils des etoiles; BERG, Wozzeck (Atto II, batt. 293-5): la Kammer-orchester ha libertà di movimento sopra l’orchestra principale.

Sequenze ritmiche modificate da legature

BACH, Arte della fuga Contrapunctus II; SCHUMANN, Humoreske (Einfach, Inning); MESSIAEN, Quartetto per la fine dei tempi (Liturgie de cristal).

Sequenza che comporta un espansione da un perno centrale (completa è l’Allintervallrehie , utilizzata nel serialismo). PROKOF’EV, Toccata op. 11 (batt. 25-32); BERG, Lieder op. 4 (II) batt. 3-4, Wozzeck Atto I batt. 5 (corno inglese e Capitano); WEBERN, Bagatella op. 9 (n. 1) batt. 1-2, (n. 5); BARTOK, Bagatella op. 6 (n. 2); NONO, Canti per 13 (I e II mov.), Canto sospeso, Cori di Didone.

Frequente il suo utilizzo, per generare clusters, in LIGETI.

La pratica, nelle composizioni guidate dalla forma sonata, di cercare relazioni tematiche fra movimenti si lega poi alla tendenza a fondere i movimenti fra loro.

Più interessante è determinare il numero di elementi tematici che compaiono nei vari gruppi. Ad esempio: MOZART, Sonata K 311 (Allegro) I gruppo 3 elementi, II gruppo 3 elementi + coda; oppure constatare come il secondo gruppo tematico sia in diverse tonalità.

Altri elementi di ricorrenza sono: ponte modulante che inizia riprendendo elementi della esposizione; sviluppo che inizia con nuovo materiale tematico; sezioni di sviluppo molto modulanti (o al contrario di carattere statico; cambi di tempo all’interno dello sviluppo (ad esempio SCHUMANN, I movimento del Concerto per pianoforte e orchestra); l’inserimento di nuovi temi nello sviluppo BEETHOVEN, III Sinfonia (Allegro con brio) batt. 284; MAHLER, I Sinfonia (I movimento) batt. 257; riprese che non riprendono elementi tematici: CHOPIN, Sonata op. 35 (I movimento) il I tema viene omesso data la sua insistenza nello sviluppo; sviluppi secondari all’interno della ripresa (ma fa parte dell’estensione del concetto di sviluppo totale) oppure un ulteriore sviluppo al termine della ripresa. Un particolare tipo di coda è quello affidato a ripetizioni in diminuendo del tema iniziale. Si può trovare anche in sezioni interne: MAHLER, I Sinfonia, III mov.-batt. 35-8.

Alla pratica della disposizione spaziale (specie se prevede, nelle Opere, la presenza di differenti gruppi orchestrali) possiamo ascrivere particolari disposizioni orchestrali: AJKOVSKIJ, VI Sinfonia (Adagio lamentoso) melodia ottenuta per la somma stereofonia (diametralmente opposta) di I e II violini; BARTOK, Musica per archi, percussione e celesta (due gruppi di archi contrapposti). Alla metafora si può invece ascrivere lo spazio simulato, sia quello che prevede l’irruzione di gruppi (specie di fiati) come sfondamento della prospettiva spaziale nell’orchestra d’archi, sia lo spostamento della fonte timbrica con improvvisi cambi di registro. Una forma elementare di spazio prevede l’uso dell’eco (si ricordi come l’eco sia elemento simbolico della naturalità arcadica) o di segnali militari (o fanfare). Squilli di tromba (riportati nelle composizioni con carattere elogiati- vo della potenza anche militare del committente) sono rimasti una figura realistica poi utilizzata in altri contesti e con significati aggiunti: MOZART, Sinfonia K 425 (Allegro molto), Sinfonia K 504 (Allegro) batt. 43, Concerto K 467 (Allegro maestoso) batt. 7-8, Concerto K 595 (Allegro) batt. 5-6, 9-10, 13-4 (qui la funzione è prima di interrompere il flusso melodico, quindi di proporsi come imitazione in vari strati). Inutile ricordare la ricorrenza di questi segnali nella sinfonie mahleriane.

Ci sono diverse retoriche legate all’iniziare o al concludere un’opera:

inizi di carattere “vegetativo” (determinati dallo stratificarsi progressivo di cellule simili), finali in dissolvimento: HAYDN, Sinfonia degli Addii, BEETHOVEN, Quartetto op. 95 (Allegro con brio), STOCKHAUSEN, Kontrapunkte; in diminuendo: BEETHOVEN, Sonata op. 31 n. 2 (Allegro), Sonata op. 57 (Allegro assai); in diminuendo con f improvviso a concludere: BEETHOVEN, Sonata a Kreutzer (I movimento), Quartetto op. 59 n. 1 (Allegro); CAJKOVSKIJ, Quartetto op. 11 (Finale), oltre ai già citati finali con accelerazioni di metronomo.

Anadiplòsi: Si può verificare nella forma sonata, e precisamente negli sviluppi che iniziano ribadendo lo spunto tematico aggiunto sulla coda: MOZART Sonata K 311 (Allegro con spirito) Sinfonia K 543 (Allegro).

Anafora. In un certo senso tutti i procedimenti che si sviluppano nell’imitazione fugata contengono questa variante formalizzata del ripetere. Un’altra corrispondenza la si può verificare in DEBUSSY, Prelude a l’aprés-midi d’un faune (motto iniziale distribuito 15 volte all’interno delle 110 battute).

 

Apòcope. La prassi di troncare figure prevedibili asseconda necessità operistiche (Rigoletto, canzone del Duca; Wozzeck, canzone di Andres), ma ha qualche riscontro anche strumentale; BEETHOVEN, Variazioni Diabelli (V) batt. 16, Quartetto op. 131 (Presto) batt. 1).

 

Catabasis: In opposizione all’anabasi, può verificarsi in tutti i movimenti discendenti, meglio se enfatizzati (per il senso di perdita d’energia) dal cromatismo. Spesso è associato ad un movimento cromatico al basso, che si può verificare di differente consistenza ideologico-formale. Nelle fughe di Bach è un elemento che non porta mai ad accelerazioni formali. Nel Preludio n. 4 di Chopin il cromatismo discendente è senza opposizione (notare come l’elemento che provoca il collasso non sia il cromatismo bensì l’aumento della pulsazione melodica).

Oltre ad isolati movimenti cromatici ve ne sono alcuni codificati espressivamente. Ad esempio l’uso della quarta trenodica (basso cromatico discendente di quarta, da tonica a dominante): MOZART, Don Giovanni Ouverture batt. 5-11; BRAHMS, Concerto op. 15 (Maestoso) batt. 1-26 (notare come la distribuzione nel tempo sia lenta e in accelerazione).

 

Chiasmo. Il parallelismo di termini di senso contrario corrisponde nel linguaggio musicale al retrogrado. Una più aderente somiglianza a parallelismi non solo geometrici la si può trovare in WEBERN, Variazioni op. 27 (III movimento).

 

Ellipsis: L’omissione espressiva è una delle acquisizioni più abusate del linguaggio musicale. Si può notare che spesso la pausa venga utilizzata formalmente come spugna che assorbe la situazione precedente per lasciar aperta una nuova via, ad esempio al termine di un crescendo: BACH, Magnificat (“Fecit potentiam”).

 

Epanalèssi: La ripetizione contigua è pratica troppo frequente per scinderla da quella ridondanza mnemonica necessaria alla comprensione musicale. Si può comunque ricordare la sua amplificazione nei fenomeni d’eco. Un esempio particolare si trova in apertura della Primavera di Vivaldi. Il primo motto sottoposto a ripetizione (batt. 1-7) vede, di seguito all’eco, l’eliminazione degli elementi ribattuti e lo sviluppo della cellula in levare. Il secondo motto (batt. 8-14) sottostà all’effetto d’eco non solo per la sua immediata ripetizione, ma anche per la contrazione che a batt. 10 (compreso il suo levare) riunisce la prima e le ultime due note dell’inciso.

Epifora. MOZART, Lied Abendempfindung an Laura K 523; MAHLER, IV Sinfonia (Sehr behaglich): al finale di ogni strofa compare la stessa figura musicale.

Interrogazione: Molte forme di sospensione vengono percepite con senso interrogativo. Più accentuata questa funzione quando nei tempi lenti della Sonata antica si concludeva in dominante, magari senza trovar sfogo poi nella tonica corrispondente: BACH, I Concerto brandeburghese (Adagio).

Iperbato. Utilizzazione di frasi-parentesi che spezzano, in funzione di punteggiatura o respiro, un enunciato, poi ripreso. Nell’orchestra settecentesca era una funzione spesso affidata alle brevi irruzioni del gruppo dei legni: MOZART, Le nozze di Figaro Ouverture (batt. 65-6), n. 1 (batt. 11), N°9 (batt. 9), Don Giovanni Scena IX batt. 4 e seguenti; DVORAK, IX Sinfonia (IV mov., 16-7 dopo 9). Naturalmente anche qui la presenza di un testo permette una più facile delimitazione: MOZART, Le nozze di Figaro (n. 26) batt. 78-85.

Vedere come questa tecnica venga assimilata, nelle canzoni o nel jazz, dalla rullata di batteria.

 

Ossimoro. È naturalmente figura più adatta al repertorio operistico, in cui il canto evoca un sentimento e gli strumenti dell’orchestra (magari tramite un leitmotiv) si incaricano di contraddirlo, rivelando quanto il personaggio stia realmente pensando: MOZART, Don Giovanni (n. 14) Leporello annuncia di voler cambiar padrone, contraddetto dalle movenze dell’oboe.

Paronomasia. La lieve variazione a cui è sottoposta una frase era una pratica costante nell’epoca galante, mutuata dalle variazioni ornamentali dei cantanti e trascinata in seguito con varia intensità e ricorrenze.

Si può comunque ricordare che la variante istituzionalizzata è proprio il ciclo di variazioni, una fra le caratteristiche più sviluppate dal linguaggio musicale. Variazioni che dal semplice accumulo ornamentale passano (determinanti per questo le Variazioni Diabelli di BEETHOVEN) alla caleidoscopica trasformazione di senso.

Ma si può avere paronomasia anche nell’accostamento di una frase ripetuta da un gruppo sonoro differente, ad esempio nell’orchestra, magari anche con lievi variazioni. Non va per ultimo dimenticato lo sberleffo che creano alcune “note false”, pratica della parodia in uso a cavallo fra Otto e Novecento.

Sìmploche: Frasi che iniziano con gli stessi elementi che iniziavano quelle precedenti si trovano come forme di ripetizione poi variata. Formalmente si possono trovare all’inizio di quelle transizioni che sembrano ripetizioni (o riprese) del primo gruppo tematico e che invece da questo si staccano in direzione modulante.

 

 

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